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venerdì 27 marzo 2015

AT THE END OF THE DAY - Un giorno senza fine
di Cosimo Alemà
Un film di guerra senza la guerra; o meglio, dove si assiste nella primissima parte a battaglie simulate nei boschi durante un pugno di concitate sequenze: momenti immortalati in maniera quasi solenne, nei quali i ragazzi impegnati nel gioco sfoggiano le loro abilità daweekend warriors ed in cui i veterani si compiacciono della propria superiorità nei confronti dei principianti che hanno coinvolto nella spedizione. Ma saranno tutti uguali - disorientati e spauriti - quando la finzione si trasformerà in realtà. Una svolta che lo spettatore già si aspetta, perchè ha visto, nel prologo, sinistri figuri disseminare in zona mine antiuomo discorrendo di guerre passate e di uomini torturati in oscuri campi di prigionia; vecchi tempi che le loro menti traumatizzate devono fare rivivere al più presto, dal momento che - lo afferma uno di loro - abbattere e macellare cani rapiti nei dintorni non è più sufficiente a placare la sete di sangue. E non occorrerà attendere molto per vederne scorrere, in un susseguirsi di scene che hanno poco da invidiare ad un capolavoro del filone bellico come "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg. Il tecnico degli effetti speciali David Bracci, altrove spaesato (non memorabili le sue prove in alcuni degli ultimi film di Dario Argento o nel più recente "In the market" in coppia con Sergio Stivaletti), si destreggia tra fucilate, esplosioni, mutilazioni ed aggressioni all'arma bianca mettendo in campo una notevole perizia, e dimostrando che non è impossibile raggiungere risultati di tutto rispetto quando la materia ed il regista forniscono alla troupe i giusti stimoli. Perchè Cosimo Alemà, gradita ed inaspettata sorpresa, ci sa fare e si vede: azzecca le tonalità di una fotografia che ben inquadra l' ambiente torrido, in tutti i sensi, in cui la vicenda si svolge, sa piazzare le musiche giuste nei punti giusti e, conscio delle scarse potenzialità degli attori di casa nostra, li va a scegliere interamente all'estero, nonostante la produzione tutta italiana, affinchè non compromettano l'esito finale dell'operazione. In un'estate che ha visto uscire nelle sale una quantità inusitata di horror nostrani, Alemà sembra l'unico ad aver compreso che non basta la presenza di una discutibileministar del cinema indipendente a salvare prodotti con pessimi interpreti, tecnica carente e cattiva scrittura: Daniela Virgilio ed Ottaviano Blitch, rispettivamente in "Hypnosis" ed "In the market", sono esempi lampanti. Nè può essere sempre una garanzia, se mai lo è stata, l' ispirazione vera o presunta a fatti reali, come dimostrato nuovamente da "In the market". Anche Alemà, in sede di sceneggiatura, decide di sfruttare questo espediente, ma lo fa saggiamente in maniera poco ostentata, lasciandolo sullo sfondo e quindi recuperandone la sinistra efficacia. E se è vero infine che la storia da lui raccontata potrà forse ricordare un po' troppo pellicole recenti quali "Severance: tagli al personale" ed "El rey de la montana", va altresì sottolineato che qui non c'è traccia della catartica ironia trasudante dal vivace modello inglese nè del barlume di speranza contenuto in quello spagnolo, oltretutto spesso statico: "At the end of the day" è un film dinamico, spietato, feroce e nichilista come si addice ad un vero di film di guerra, ed in più carico di tensione come si conviene ad un prodotto che intende evidentemente rispolverare, anche se in maniera assolutamente non convenzionale, la cara vecchia formula dello slasher . Che la distribuzione non sia stata in grado di riconoscerne il vero valore e lo abbia gettato nel calderone estivo di Ferragosto e dintorni accomunandolo di fatto a produzioni nazionali di gran lunga inferiori è purtroppo sintomo chiaro ed inequivocabile dell'irreversibile miopia che affligge da troppo tempo l'industria cinematografica italiana, e che fa domandare una volta di più a cosa serva disporre, in un Paese come questo, di un apparente nuovo talento quale Cosimo Alemà.

RECENSIONE DI
FLAVIO GIOLITTI